Ho passato una giornata con mia sorella.
Mia sorella è molto diversa da me, e non solo fisicamente.
Abbiamo avuto gli stessi genitori, eppure abbiamo avuto genitori diversi.
Perché nessuno è uguale con persone diverse.
Neanche i genitori.
E non perché “facciano differenze”, ma perché ogni figlio ha le sue esigenze e le sue peculiarità.
(Non c’è peggior discriminazione che trattare da uguale chi uguale non è)
Mia sorella una quindicina di anni fa ne stava combinando una che a mio padre sembrava particolarmente grossa.
Così mio padre le disse, perentorio: “O la smetti, oppure quella è la porta””.
Mia sorella ha smesso (o almeno così gli ha fatto credere).
Io gli ho detto: “Lo sai, papà, che se tu l’avessi detto a me io me ne sarei andata?”
E lui: “E infatti non l’ho detto a te.”
Mio padre conosceva i suoi figli, ma noi figli conoscevamo nostro padre.
Mio padre è morto com’è vissuto, d’istinto.
Ieri, nelle tante ore passate assieme, io e mia sorella abbiamo sorriso di aneddoti che lo riguardavano.
Che riguardavano il suo carattere.
Sanguigno, irruente, categorico.
Per lui esisteva un solo punto di vista: il suo.
Ma poi, alla resa dei conti, è stato molto più liberale di certi padri apparentemente “moderni”.
Vorrei scrivere di te, papà.
Di come ci hai obbligati (e abituati) a orari precisi, a chiedere il permesso per alzarci da tavola, ad imparare a fare tutte quelle cose che ci sembrava inutile imparare.
Sarà per questo che oggi non siamo mai in ritardo, conosciamo la buona educazione (salvo riservarci il diritto di non applicarla, quando ci vuole ci vuole) e camminiamo nel mondo con la testa alta di chi deve niente a nessuno.
Di come, a meno di un diluvio, non ci hai mai accompagnato a scuola (e mica ci spaventa il tempo, adesso), dei manrovesci da chilo che ci ha rifilato (quasi sempre a ragione), quando proprio sembrava non ci fosse altro modo per convincerci.
Più che altro per convincere me, testona (che oggi quando non ci penso mi chiedo come mai mia figlia sia così tenace), che ti assomiglio così tanto sia nel fisico che nel modo di essere.
No, vorrei scrivere A te, papà.
Ti stupiresti, papà, di come mi sono ammorbidita (e non solo per l’epa superflua che mi circumnaviga).
Di come i tuoi amici sono i miei amici.
Di come mi sorprendo a dire a mia figlia le stesse identiche parole che tu hai detto a me.
A camminare, quando aspetto qualcuno, con le mani dietro la schiena come facevi tu.
Papà, te ne sei andato, ma non ci hai lasciate.
un nostro amico hai chiesto alla montagna
ma ti preghiamo su nel paradiso
su nel paradiso lascialo andare per le Tue montagne
Santa Maria, Signora della neve
copri col bianco soffice mantello
il nostro amico il nostro fratello
Su nel paradiso lascialo andare per le Tue montagne